
In realtà i Simpson non sono altro che un pretesto per parlare di Filosofia, come è ben spiegato nell’introduzione del libro; la filosofia con la F maiuscola: si spazia infatti da Aristotele a Nietzsche a Barthes. Unico vincolo: per leggerlo bisogna essere fan dei Simpson, visto che è pieno di riferimenti alle puntate e a citazioni dei personaggi.
I cinque Simpson, in tv dal 1987, hanno affrontato i temi più scottanti e imbarazzanti dell’attualità: dalla politica alla religione, dal sistema mediatico alla dipendenza da birra e donuts. Un quadro completo della postmodernità che non trascura neanche l’aspetto delle relazioni personali. Una caustica parodia sociale non troppo lontana dalla realtà, anche se i parossismi di Homer condiscono il tutto di un umorismo spensierato e ridanciano.
E’ soltanto un cartone animato, ma sono serviti venti filosofi –insegnanti nelle scuole e college americani più rinomati- e tre curatori esperti del campo per dare vita alla raccolta. Nessuna forzatura nello scovare teorie filosofiche che ricalchino i modelli del cartoon, ma un’applicazione pratica tramite l’analisi di alcuni episodi chiave.

Quanto è destabilizzante per la società un personaggio alla Homer Simpson, e perché Maggie non dice mai una parola? Se comprendessimo il valore del silenzio fra Oriente e Occidente potremmo ipotizzare una risposta. O Marge, non è forse il modello di casalinga perfetta e frustrata, precursore della Annette Bening di American Beauty? Si fa strada anche la teoria per una possibile avversione al mondo intellettuale con Lisa, mentre l’esempio di Bart ricalca Nietzsche e la virtù della cattiveria.
La satira sta alla base del cartoon e delle sue sceneggiature, rendendoci divertente una sitcom che ha il potere di smascherare i punti deboli della nostra società. Nessuna intenzione di abbassare il livello della filosofia, anzi.
articolo tratto da www.levysoft.it
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